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29set21:00NormaG. Ratti direttore / F. Torrigiani regia / Orchestra dell’E.A.R. Teatro di Messina / Coro Lirico “Francesco Cilea”, diretto da B. Tirotta / Klara Kolonits soprano / A. Nadin mezzosoprano / Stefano Secco tenore / G. Sagona basso Messina, E.A.R. Teatro di Messina, Via G. Garibaldi21:00

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Ingresso libero con prenotazione fino ad esaurimento posti

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Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani

Musica di Vincenzo Bellini

Personaggi e interpreti

Pollione Stefano Secco
Oroveso Gabriele Sagona
Norma Klara Kolonits
Adalgisa Alessia Nadin
Clotilde Oleksandra Chaikovska
Flavio Davide Scigliano

Direttore
Giuseppe Ratti

Regia
Francesco Torrigiani

Scenografie
Francesca Cannavò

Costumi
Lisa Rufini

Light designer
Gianni Pollini

Orchestra dell’E.A.R. Teatro di Messina
Coro Lirico “Francesco Cilea”, diretto da Bruno Tirotta

Costumi: “LowCostume s.r.l.”
Scene: “La Bottega Fantastica & Co”

Produzione E.A.R. Teatro di Messina

In collaborazione con E.A.R. Teatro di Messina
Fondazione Taormina Arte Sicilia


Ingresso libero con prenotazione fino ad esaurimento posti

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Contributo del Sovrintendente Avv. Gianfranco Scoglio per Bellini International Context 2023

Come Ente Teatro di Messina siamo ben felici di proseguire la nostra collaborazione con il Bellini International Context, una manifestazione che tanto apprezzamento e tanta attenzione è riuscita a ottenere grazie alle sue proposte, sempre pregevoli e di qualità assoluta, concepite – come sono state – nell’ambito di un disegno complessivo sapiente, mirato a valorizzare, nel nome del Cigno etneo, lo smisurato patrimonio di bellezza e di cultura dell’intera Sicilia.

Nella scorsa edizione “DiNcAnTo. Passi di danza sull’opera belliniana”, realizzato insieme con il Balletto di Roma con le raffinate coreografie di Massimiliano Volpini, lungamente applaudito il 2 ottobre 2022 al Teatro Massimo di Catania, con le Div4s (un magnifico quartetto di voci femminili) e con l’Orchestra peloritana diretta dal Maestro Roberto Molinelli (che aveva curato il raffinato e originale patchwork musicale, legando insieme alcuni dei più suggestivi momenti della produzione di Bellini), quest’anno è la volta del capolavoro per antonomasia, quella “Norma” che dal 26 dicembre 1831, ovvero dalla “prima” al Teatro alla Scala di Milano, incanta il pubblico internazionale, non solo i melomani.

In mani sicure e di riconosciuta eccellenza sono state poste la direzione e la regia dell’opera, affidate rispettivamente a Giuseppe Ratti e Francesco Torrigiani (con le scene di Francesca Cannavò, i costumi di Lisa Rufini e il disegno luci di Gianni Pollini), che sapranno – in forza della vicenda, che il librettista Felice Romani riprese da Soumet, e della magistrale partitura lasciataci da Bellini – far vibrare le corde intime e più segrete dell’animo degli spettatori che saranno il 27 e 29 settembre prossimi al “Vittorio Emanuele” di Messina.

Di livello assoluto, infine, la compagnia di canto, scelta – come il resto – dal Maestro Matteo Pappalardo, coordinatore artistico di produzione, che vede Klara Kolonits e Stefano Secco nei ruoli principali (Norma e Pollione); con loro, Alessia Nadin e Gabriele Sagona nei panni di Adalgisa e Oroveso.

Da rimarcare, ancora, il contributo che non mancheranno di offrire tanto l’Orchestra del Teatro peloritano che il Coro Lirico “Francesco Cilea”, da sempre “pilastri” delle nostre produzioni e da sempre garanzia di affidabilità e qualità.

Buon Context 2023 a tutti!

 

Note di sala

Parlare della musica di Vincenzo Bellini equivale a discutere del concetto di commozione nell’arte, ma per raggiungere tale vetta emotiva le opere del compositore catanese necessitano, come intermediario fra le note scritte sulla partitura e la loro concreta realizzazione sonora, di un interprete dalla musicalità e sensibilità particolari, un esegeta insomma sui generis, cosa che vale non solo per la musica strumentale ma anche e soprattutto per la vocalità. Senza trovare tale privilegiato intermediario, le musiche belliniane non riescono a planare, non riescono a penetrare fino in fondo nei precordi dell’emotività dell’ascoltatore, attestandosi al di qua della partitura e presentandosi, per quanto suadenti, poco significanti e prive di quello struggente e peculiare pathos che le dovrebbe qualificare. Bellini, per sua fortuna, ha avuto la ventura di trovare due grandi artiste che hanno esaltato il suo originale, particolare e seducente estro creativo. Incontrò la prima nel corso della sua breve ma intensa vita e si chiamava Giuditta Pasta, l’altra giunse più di un secolo dopo la sua dipartita ed era Maria Callas. Della grandezza della prima ci ha lasciato testimonianza lo stesso musicista che in una lettera del 28 dicembre 1831 allo zio Vincenzo Ferlito, a proposito proprio del debutto di Norma al teatro La Scala di Milano, scrive: «La Pasta è un Dio, vi basti questa espressione per immaginarvi il come eseguisce la sua parte, e per canto e per scena». Ad attestare invece la maestria della seconda, non ci sono soltanto i giudizi positivi di critici e testimoni contemporanei ma anche tante registrazioni, fra le quali spiccano per grandiosa possanza e dirompenza emotiva proprio quelle riguardanti Norma.

La vicenda si svolge in Gallia al tempo dell’invasione romana. Norma, sacerdotessa druidica, è non solo l’amante segreta del proconsole romano Pollione ma ha avuto due figli da lui, che tiene celati, vivendo di fatto una realtà dimidiata fra doveri religiosi e doveri di madre. Pollione si è però innamorato della giovane sacerdotessa Adalgisa, che vorrebbe condurre con sé a Roma, e la fanciulla lo ricambia ignorando però che il condottiero è l’amante di Norma e il padre dei suoi figli. Scoperte le intenzioni del proconsole, Norma si infuria e pensa addirittura, per colpire in modo feroce Pollione, di uccidere i due bambini nati dalla loro relazione. Ma alla fine la pietà di madre e di amante avrà il sopravvento sull’animo della donna che, coll’intento forse di riscattarsi, davanti al suo stesso padre a al suo popolo, denuncia se stessa e il suo amante. Alla fine entrambi ascenderanno al rogo in un estremo disperato abbraccio d’amore e di morte. A ispirare l’argomento del melodramma a Bellini e al suo librettista Felice Romani era stata la tragedia in cinque atti di Alexandre Soumet Norma o l’infanticidio, rappresentata per la prima volta al Théatre Royal dei Comédiens Ordinaires du Roi il 6 aprile 1831. Tale opera a sua volta aveva tratto spunto sia dalla Medea di Euripide, sia da René de Chateaubriand che nel suo romanzo Les Martyrs del 1809, nei capitoli IX e X, inserisce l’episodio di Velleda facendolo narrare da Eudoro, protagonista della trama e in un primo tempo giovane comandante di una provincia delle Gallie. In esso la protagonista, una volitiva sacerdotessa-guerriera, che però nel caso particolare non ha figli, si uccide per espiare la colpa di avere amato uno straniero nemico della patria.

Chi ha definito nel passato la figura di Norma come una specie di Medea incruenta ha centrato l’indole del personaggio. Per Vincenzo Bellini, riverente suddito borbonico, uomo timorato di Dio e giovane ossequioso degli affetti parentali, una madre non sarebbe mai potuta diventare l’assassina dei propri figli e pertanto aveva chiesto al fidato Romani di evitare un finale tanto truce e disumano. L’insigne letterato trovò un energico e adeguato espediente rivelatosi valido e funzionale, oltre che da un punto di vista etico-sociale e psicologico, anche da un punto di vista drammaturgico: Norma prima di affrontare il supplizio del rogo con Pollione affiderà alla compassione del padre Oroveso il compito di salvaguardare i figli e vegliare su loro, con i seguenti mirabili versi: «Deh! Non volerli vittime/Del mio fatale errore…/Deh! Non troncar sul fiore/Quell’innocente età. /Pensa che son tuo sangue…/Abbi di lor pietà…», ricordando in tal modo all’anziano genitore che i due bambini sono i suoi nipoti e pertanto appellandosi al suo affetto di nonno. Così nell’epilogo la commozione proromperà con impeto anche dal cuore del vecchio capo druidico che dichiarerà in modo struggente e accorato: «Ha vinto amore». Lo splendido escamotage di Romani e Bellini salva l’istinto materno del personaggio, estinguendone tutti i più esacerbati, crudeli, sanguinari e cupi balenii. 

Giovanni Pasqualino

Note di regia

Quando ci è stata proposta la regia per questa nuova Norma dal Teatro Vittorio Emanuele, che finalmente coronava il desiderio reciproco di tornare a lavorare insieme, mi sono concentrato immediatamente non soltanto sul “come” mettere in scena il capolavoro Belliniano, ma in primis sul “perché” farlo. Essere nella condizione personale di non dovere a tutti i costi mettere in scena un’opera mette nella privilegiata condizione di selezionare le occasioni in cui farlo, dipendentemente dalle ragioni, dalle motivazioni profonde, che muovono le proprie decisioni. Ed il perché in questo caso è facile ad individuarsi: l’antico rapporto che mi lega al pubblico messinese, col quale negli anni ho trascorso grazie al Vittorio Emanuele le mie migliori esperienze teatrali (nei nomi di Mozart, Rossini, Donizetti, …) era il motore intimo della decisione di accettare questo incarico.

L’idea dunque dell’allestimento nasce dal rapporto umano e artistico con gli uomini e le donne del teatro committente, inteso sia come istituzione, sia come lavoratori del teatro, sia come pubblico. Da qui la volontà di applicare le idee che da sempre mi legano alla partitura di Norma all’occasione in cui andavamo in scena: il festival dedicato espressamente a Vincenzo Bellini. La Sicilia diventava così attore protagonista della mia fantasia interpretativa fino a finire al centro della narrazione stessa: lo scontro tra mondo “barbaro”, primitivo dei galli di Norma e la “civiltà” storica, l’occidente progressivo, di Pollione si andava legando sempre più alla terra, ai luoghi, dell’autore.

Da una lettura ispirata dalla Medea di Pasolini come dalle opere «telluriche» di Burri il racconto si è dipanato – nelle menti e nelle discussioni con Francesca Cannavò, Lisa Rufini e Gianni Pollini – come uno scontro tra pulsione primitiva e violenza della civiltà, a partire dall’anima della protagonista e con un fuoco particolare sulla sofferenza tragica dell’animo femminile nel contrasto con l’elemento maschile (elemento di tradimento, fuga e assenza). La narrazione si è svolta – nella fase di ideazione dello spettacolo – in un ambiente fortemente simbolico, che evocasse la terra di scrittura, la medesima in questo caso terra di rappresentazione e quindi di narrazione: la Sicilia di Bellini, la Sicilia del Vittorio Emanuele, la Sicilia della scena: nel segno de «a muntagna» e delle declinazioni naturali e artistiche della vita della terra che ospita lo spettacolo. La terra dei druidi, il loro bosco sacro, la loro luna e i loro roghi purificatori verranno quindi visti attraverso la lente di in un ambiente lavico capace di alludere, con affetto e gratitudine, ai segni distintivi della terra protagonista della rappresentazione.

L’utilizzo di un linguaggio fortemente simbolico consente poi, come da sempre nel mio teatro, l’ascensione ad un piano narrativo più alto, più libero, nel quale la drammaturgia tenta di interpretare l’anima musicale più profonda della partitura, superando perfino da un punto di vista terminologico il concetto di “spostamento di ambientazione”, di “attualizzazione” del racconto e di tutti quei concetti teatrali che – inseguendo da anni un “nuovo realismo” del teatro contemporaneo – hanno già mostrato ormai in poco tempo la loro obsolescenza ed effimerità. È il tempo di ritrovare, nel ripristino del valore simbolico della narrazione scenica come strumento di liberazione dell’attività interpretativa dello spettatore, un teatro che dialoghi con la contemporaneità, senza essere succube dell’attualità. Con la modestia che si deve a chi scrive, questa regia cerca però di essere una voce chiara per la rinascita di un diverso modo di fare teatro.

Francesco Torrigiani

 

Francesco Torrigiani
Regista

Francesco Torrigiani nasce a Livorno dove compie studi classici e musicali. Si diploma nel 1988 in fagotto e matura le sue prime esperienze artistiche come musicista in orchestra, come solista e in musica da camera nella formazione del quintetto di fiati.

Dal 1989 inizia parallelamente la sua carriera teatrale. Percorre il suo apprendistato al fianco – tra gli altri – di Klaus Michael Gruber, Virginio Puecher, Mauro Bolognini, Roberto de Simone, Pier Luigi Samaritani, Dario Fo e soprattutto Federico Tiezzi, di cui diventa dai primi anni ‘90 stabile collaboratore.

Debutta nella regia con Turandot a Malaga nel 1992 e da allora inizia la sua carriera percorrendo nei principali teatri italiani, ed in numerosi palcoscenici internazionali, un vasto repertorio che va da Monteverdi a Mozart – del quale cura la regia dell’intera trilogia italiana – fino a Puccini e al teatro del secondo novecento. Con Don Perlimplin di Maderna inaugura la Biennale Musica di Venezia del 2004. Dagli anni duemila affianca alla regia d’opera quella di prosa con repertorio sia classico – Sofocle, Shakespeare, Pirandello, Niccodemi, Brecht – sia contemporaneo.
Alla carriera artistica si accompagna quella manageriale-organizzativa che lo vede negli anni Responsabile dell’Ufficio stampa di Sipario Cascina, Responsabile dei servizi musicali dell’ORT-Orchestra della Toscana, consulente artistico del Teatro Goldoni di Livorno, segretario artistico dell’Opera di Roma.

Nel 1992 vince, al primo posto in Italia, il concorso nazionale a cattedre per l’insegnamento dell’Arte Scenica nei conservatori, in seguito al quale è docente di ruolo fino al 2007 presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro e poi presso il Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze. Qui inizia il progetto di ricerca didattica sperimentale – Il corpo vero: dall’arte scenica all’attore cantante – per l’applicazione dei metodi della scuola russa per attori (Cecov, Stanislavskij, Mejechol’d, Karpov) alla formazione del cantante d’opera, anche in seguito al quale è stato più volte invitato a tenere Masterclasses internazionali da Accademie europee e Conservatori italiani.

 

Stefano Secco
Tenore

Nato a Milano, inizia lo studio di pianoforte e canto con Alberto Soresina e ottiene il diploma in percussioni con Tullio De Piscopo. Esordisce come tenore ne la Messa di Gloria di Puccini, nel Te Deum di Berlioz e in una fortunata produzione de La Bohème all’Opera di Roma.

Apprezzato da pubblico e critica, è ospite regolare nei più importanti teatri italiani ed internazionali. Tra gli impegni passati maggiormente degni di nota si segnalano: La Traviata alla Scala di Milano (diretto da Muti) e poi a Venezia, Tokyo, Barcellona, Amburgo, Francoforte, Lipsia, Palermo, Firenze, Torino, Genova; Nabucco all’Arena di Verona; Rigoletto a Torino, Palermo, Venezia, Lipsia, Vienna, alla Scala di Milano, e ancora a Toulouse, Francoforte, La Coruña, Chicago Ravinia Festival, Avenches, Stoccolma, Baltimora, Miami, Montecarlo, Liegi e all’Opéra Bastille di Parigi; Don Carlo a Parigi (Opéra Bastille e Théâtre des Champs-Elysées), Vienna (Staastoper) e Oviedo; Simon Boccanegra a Parigi (Opéra Bastille), Milano (La Scala), Los Angeles, Zurigo, Bilbao, Monaco di Baviera e Cagliari; Macbeth a Bilbao, Parigi (Opéra Bastille), Madrid e Milano (La Scala); Il Trovatore a Roma, Londra (Covent Garden) e Graz; UnBallo in Maschera a Macerata, Monaco, Nancy, Lussemburgo e all’Arena di Verona; Luisa Miller a Monaco e al Cincinnati Opera Festival; Faust di Gounod a San Francisco; Les contes d’Hoffmann all’Opéra Bastille di Parigi; Mosè in Egitto di Rossini (Osiride) al Filarmonico di Verona; Roberto Devereux a Oviedo, Marsiglia, Lione, Parigi (Théâtre des Champs- Elysées) e Vienna (Staatsoper); Lucia di Lammermoor a Berlino (Deutsche Oper), Firenze, Parma, Roma, Genova, Pechino e Liegi; L’Elisir d’amore a Barcellona, Londra (Covent Garden), Vienna (Staatsoper) ed Helsinki; I Puritani a Catania; Manon di Massenet a Ginevra e Barcellona; Werther a Francoforte, Bari, Bologna, Vienna (Staatsoper); Roméo et Juliette all’Arena di Verona; Madama Butterfly a Roma, Torre del Lago, Firenze, Barcellona, Seattle, Berlino (Staatsoper), Chicago, Los Angeles, San Francisco, Toronto, Amburgo e Dresda; La Bohème a Roma, Parma, Parigi (Opéra Bastille), Berlino (Deutsche Oper), Zurigo, Ginevra, Bilbao, Torino, Savonlinna, Torre del Lago e Wiesbaden.

Nel repertorio concertistico, è molto richiesto per il Requiem di Verdi, che ha interpretato nei più importanti teatri internazionali.

 

Klára Kolonits
Soprano

Soprano drammatico di coloratura, nasce a Budapest dove si diploma presso l’Accademia di musica Franz Liszt. Entra così a far parte dell’ensemble del Teatro Csokonai di Debrecen.
I suoi primi debutti sono Nannetta in Falstaff, Contessa ne Le nozze di Figaro, Olympia-Giulietta-Antonia ne Les contes d’Hoffmann, Fiordiligi in Cosí fan tutte e la Regina della Notte ne Il flauto magico.

Vincitrice di numerosi premi, è solista dell’Opera di Stato Ungherese a Budapest.
Il suo repertorio comprende i ruoli di Donna Anna (Don Giovanni), Fiordiligi (Così fan tutte), Konstanze (Il ratto del Serraglio), Fauno (Ascanio in Alba), Regina della notte (Il flauto magico), Giulietta ( I Capuleti e i Montecchi ), Norma, Lucia (Lucia di Lammermoor), Marguerite (Gli Ugonotti ), Violetta (La Traviata), Odabella (Attila), Luisa (Luisa Miller ), Beatrice (Beatrice di Tenda) e Lucrezia (Lucrezia Borgia).

Interpreta anche un vasto repertorio concertistico. Nel 2009, con l’etichetta “Hunnia Records”, incide il suo primo album dedicato a Liszt che le vale nel 2010 il prestigioso “Premio Liszt”.
Incide inoltre con l’Hungarian Studio Orchestra, diretta da Dániel Dinyés, l’album Bel Canto Reloaded in cui raccoglie le arie più famose del belcanto come la completa scena finale di Anna Bolena, l’aria di Elvira de I Puritani e la rara cabaletta Trionfai tratta dalla prima edizione del Macbeth di Verdi. Nel 2013 e ancora nel 2018 è insignita del titolo di Kammersängerin dell’Opera di Stato Ungherese a Budapest.

È reduce da un notevole successo nel ruolo di Donna Anna in Don Giovanni presso le Soirées lyriques de Sanxay in Francia.

 

Gianni Pollini
Light designer

Svolge attività di light designer dai primi anni ’90 per la prosa, la lirica e la danza.

Fino al 1995 realizza le luci degli spettacoli Sogno di una notte di mezza estate, Metamorfosi e Le Troiane del Teatro Del Carretto.

Successivamente, per l’Ensemble di Micha van Hoecke, disegna le luci di Pierrot Lunaire, La Foresta Incantata,Rigoletto, Carmina Burana, La Salle des pas perdus.

A partire dal 2001 instaura una stretta collaborazione con Sandro Lombardi e Federico Tiezzi per numerosi spettacoli, tra questi, Calderon e Antigone per il Teatro di Roma, Questa sera si recita a soggetto, Freud o L’interpretazione dei sogni per Il Piccolo Teatro di Milano, Scene da Faust per la Fondazione Teatro Metastasio, Il Purgatorio, La notte lava la mente, Il Soccombente e Antichi Maestri per la Compagnia Lombardi-Tiezzi e il Teatro di Napoli, Campania Teatro festival.

Firma le luci di Samusa con Virginia Raffaele e di Uno sguardo dal ponte, regia di Massimo Popolizio.

Tra gli allestimenti lirici ricordiamo: Cavalleria rusticana, regia Francesco Torrigiani, Il piccolo cantore, regia di Ugo Gregoretti, Tito Manlio, Don Giovanni o sia Il convitato di pietra e L’elisir d’amore, regia Alessio Pitzech. Con la regia di Federico Tiezzi La vedova allegra con le scene di Edoardo Sanchi, Lo stesso mare di Fabio Vacchi con le scene di Gae Aulenti, Norma, Iris, Don Quichotte, Il barbiere di Siviglia con le scene di Pier Paolo Bisleri, Die Walkure con le scene di Giulio Paolini. Per il Teatro Petruzzelli, Aida con la regia di Mariano Baduin, per il Teatro Regio di Parma Il Trovatore con la regia di Elisabetta Courir.

 

Francesca Cannavò
Scenografa Costumista

Si forma presso l’Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 1986. Nella professione ha all’attivo la partecipazione a numerosi spettacoli in teatri italiani ed esteri.
Fra i registi con cui ha collaborato per produzioni di prosa e lirica si ricordano: G. Albertazzi, G. Proietti, A. Calenda, P. Gazzara, W. Manfrè, D. Castellaneta, A. Foà, M. Freni, G. Cicciò, M. Marchetti, V.Tripodo, B. Navello, M. Maltauro, P. Panton, F.Torrigiani.

È impegnata come scenografa e costumista nelle opere “La distanza della luna”, “Il Segreto di Susanna”, “Il Telefono”, “Sogni siciliani”, “Averroè”, “Vite immaginarie”, “Il gatto con gli stivali”, “La Fanciulla del West”, “Cavalleria rusticana”, “Elisir d’amore”.

Nel 1997 Inizia la sua collaborazione con l’E.A.R. Teatro di Messina e svolge dal 2001 al 2013 l’incarico di Direttore degli Allestimenti Scenici del Teatro.
Fra le altre significative collaborazioni professionali si segnalano: la Direzione degli Allestimenti Scenici del Festival Internazionale “Taormina Arte” e del “Taormina Film Fest”, dalla stagione 2004 a tutt’oggi; la Direzione del laboratorio scenotecnico e della sartoria teatrale “CLAP” soc. coop. di Messina, dal 1988 al 1997, collaborando tra gli altri con: Istituto Nazionale del Dramma Antico, Taormina Arte e R.A.I.; la Direzione degli Allestimenti Scenici e la cura degli Allestimenti delle mostre/esposizioni del “Giuseppe Sinopoli Festival”, dal 2005 al 2009;
Dal 2007 al 2011 insegna “Teoria e storia della Scenografia” e “Architettura della Scena” resso la Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Messina.

Presso le Scuole di Teatro della Sicilia e della Calabria ha realizzato seminari e stage su: “L’evoluzione dello spazio scenico”, “La Storia del Costume”, “La Maschera teatrale” e ha curato l’allestimento di Mostre nel campo dell’arte “Futurismo in Sicilia” – Chiesa del Carmine Taormina; “Annunziata e Ignoto Marinaio” di Antonello da Messina – Palazzo Corvaja Taormina; “Mirò” – Chiesa del Carmine Taormina; “Lillo Messina”, “Felice Canonico”, “Giuditta R” per Le Scalinate dell’Arte, presso il Palazzo della Cultura Messina, “Enzo Celi” presso il foyer del Teatro Vittorio Emanuele.


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