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21set19:00Un Bellini, s’il vous-plait!Vincenzo Bellini e la “Polledra ardente”. Processo postumo a Giulia Samoyloff / F. Esposito testo e regiaCatania, Teatro Sangiorgi, Via Antonino di Sangiuliano, 23319:00

Dettagli evento

Vincenzo Bellini e la “Polledra ardente”.
Processo postumo a Giulia Samoyloff

Introduzione a cura di Maria Rosa De Luca e Graziella Seminara

Musiche di Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini

Testo e regia Francesco Esposito

Costumi Elena Gaiani

Personaggi e interpreti

Giulia Samoyloff Debora Govoni
Adalgisa Veronica Filiberti
Gioachino Rossini / Dalmas Bryan Sala
Giuditta Turina Claudia Ceraulo
Elvira Cleonice Bortolotti
Vincenzo Bellini Francesco Zanlungo
Giulietta Patricia Fodor
Flavio Tong Liu
Norma Silvia Spessot

Alberto Rinaldi pianoforte

Alla fine dell’evento verrà offerto al gentile pubblico un aperitivo.

In collaborazione con Università degli Studi di Catania e Conservatorio di Musica “Arcangelo Corelli” di Messina.

 


 

Giulia Samoyloff

Note di sala

Fine gennaio 1828, Giulia Samoyloff, arrivò a Milano dalla lontana terra di Russia. Era una persona dal fascino irresistibile. La sua provenienza, avvolta nel mistero, diventò motivo preferito di chiacchiere e naturale oggetto d’interesse da parte dell’aristocrazia, nei circoli della Milano bene. Giulia Samoyloff, definita in questo spettacolo la “pollédra ardente”, era cresciuta alla corte di San Pietroburgo, amica di Nicola, fratello minore dello zar Alessandro. Un’amicizia un po’ troppo spinta, quasi un gioco erotico fra adolescenti. Nel 1823, ormai ventenne, sposò il conte Samoyloff, molto più anziano di lei, che per sua fortuna morì “improvvisamente” dopo soli tre anni, lasciandole come eredità la cifra stratosferica di 4 milioni di rubli. Fu invece Nicola, che alla morte del fratello Alessandro I era diventato il nuovo zar, a mandare Giulia il più lontano possibile dalla Russia. Dopo il suo debutto in società a Milano la sua vita fu un susseguirsi di fasti, amori e bizzarrie.
Innumerevoli i suoi intrecci amorosi e – in special modo – quello con Vincenzo Bellini, che venne poi sostituito nelle grazie della Samoyloff da un altro musicista catanese, tale Giovanni Pacini, del quale la donna s’innamorò. Che Pacini invidiasse ed odiasse Bellini era cosa nota, anche per l’evidente differenza di livello artistico, ma alle sue trame aggiunse anche il coinvolgimento di Giulia Samoyloff. Da questo intreccio amoroso “lirico” nasce la storia, scritta e qui messa in scena da Francesco Esposito, del possibile avvelenamento di Bellini da parte di Pacini, invidiosissimo del Maestro, con l’aiuto di Giulia. Avvelenamento? Vendetta? Chi è il colpevole? Chi l’assassino? Lo spettacolo Bellini e la pollèdra ardente è diviso in 12 quadri, e rappresenta un ipotetico “processo postumo” a Giulia Samoyloff, istituito dai personaggi delle opere di Bellini che piangono la scomparsa del compositore e si rivalgono sulla giovane russa.

 


 

Giulia Samoyloff

Era la fine di gennaio del 1828, quando arrivò a Milano Giulia Samoyloff, deliziosa venticinquenne, dal sorriso dolcissimo molto appariscente, fresca, straordinariamente bella. Veniva dalla lontana terra di Russia… da San Pietroburgo per la precisione, sua città natale.

Nemmeno il tempo di disfare i bagagli, che già le arriva l’invito al grande “Ballo del Romanticismo”, organizzato dal conte ungherese Giuseppe Batthiany nel suo nuovo palazzo a Porta Orientale. Più che un ballo mascherato era un atto liberatorio, nato dal desiderio di tornare alla normalità dopo il colera che aveva imperversato negli anni precedenti e dopo la tanto agognata morte del terribile Francesco I che aveva fatto incarcerare allo Spielberg tanti patrioti, fra cui Silvio Pellico, costringendo all’esilio molti giovani milanesi.

La partecipazione al ballo di carnevale, in quel memorabile mercoledì 30 gennaio 1828, fu l’occasione per Giulia di fare la sua prima comparsa pubblica nell’alta società meneghina, sebbene fosse arrivata in città da pochissimi giorni.

L’inattesa apparizione alla festa di questa bellissima fanciulla, vestita da contadinella russa (era una festa mascherata), con i suoi riccioli corvini e gli occhi smeraldo, creò subito scompiglio fra la nobiltà milanese presente.

Giulia aveva un fascino irresistibile: era oggetto degli sguardi, dei commenti e delle attenzioni maschili e naturalmente anche causa di invidia e gelosia da parte delle nobildonne dell’alta società, che vedevano la sua presenza come pericolosa per i loro matrimoni.

Inoltre la sua provenienza, avvolta nel mistero, diventò motivo preferito di chiacchiere e naturale oggetto d’interesse da parte dell’aristocrazia, nei circoli della Milano bene: chi era costei, capitata all’improvviso dal nulla, quasi un fulmine a ciel sereno, a scombinare le carte dell’alta società milanese?

Giulia Samoyloff, definita in questo spettacolo la “pollédra ardente”, era nata nel 1803 in quanto figlia naturale dello Zar Alessandro I, che tempestivamente “invitò” un alto dignitario della sua corte, tale Pyotr Alexeevich Pahlen a cui due anni prima gli aveva salvato la vita, a diventarne il padre ufficiale. A Pahlen non rimase che accettare l’invito.

Giulia era cresciuta a corte e divenne amica di Nicola, fratello minore dello zar Alessandro e sei anni più grande di lei (c’erano quasi vent’anni di differenza fra i due fratelli). Un’amicizia spinta troppo un lá, quasi un gioco erotico fra adolescenti.

Nel 1823, Giulia ormai ventenne sposó il conte Samóylov, molto più anziano di lei, che per sua fortuna morí “improvvisamente” dopo solo tre anni, lasciandole come eredità la cifra stratosferica di 4 milioni di rubli.

È invece Nicola, alla morte dello fratello Alessandro I, era diventato il nuovo zar a nemmeno trent’anni e forse per “ripulire” l’immagine del suo matrimonio con Carlotta di Prussia, mandó Giulia più lontano possibile dalla Russia.

È così che Giulia era finita a Milano a ventiquattro anni, inizialmente ospitata da parenti che non sapeva nemmeno di avere: la famiglia Litta, estremamente facoltosa, che le aprì le porte dell’alta società.

Dopo il suo debutto in società a Milano la sua vita è un susseguirsi di fasti, amori e bizzarrie.

Innumerevoli i suoi intrecci amorosi e – in special modo – quello con Vincenzo Bellini, che venne poi sostituito nelle grazie della Samóyloff da un altro musicista catanese, tale Giovanni Pacini, del quale la donna sʼinnamorò.

Che Pacini invidiasse ed odiasse Bellini era cosa nota, anche per l’evidente differenza di livello artistico, ma alle sue trame aggiunse anche il coinvolgimento di Giulia Samoyloff.

Da questo intreccio amoroso “lirico” nasce la storia favolosa, scritta e qui messa in scena da Francesco Esposito, del possibile avvelenamento di Bellini da parte di Pacini, invidiosissimo del Maestro, con l’aiuto di Giulia.

Avvelenamento? Vendetta? Chi è il colpevole? Chi l’assassino?

Lo spettacolo “Bellini e la pollèdra ardente” è diviso in 12 quadri, e rappresenta un ipotetico PROCESSO POSTUMO a Giulia Samoyloff, istituito dai PERSONAGGI delle opere di Bellini, che piangono la scomparsa del compositore e si rivalgono sulla giovane russa.

Vedremo lo stesso Vincenzo Bellini diventare l’avvocato di Giulia.